Il glutatione è considerato il più potente antiossidante endogeno ed è distribuito in tutti i tessuti e le cellule dell’organismo umano. Ma qual è il suo ruolo nel cervello?
Il cervello è un organo ad elevato metabolismo infatti, nonostante rappresenti solo il 2% del peso corporeo, consuma il 20% di tutto l’ossigeno utilizzato dall’organismo. Ciò significa che rispetto agli altri organi, nel cervello, si producono radicali liberi dell’ossigeno ad una altissima velocità.
Proprio per questo motivo è importante che il sistema che regola l’equilibrio redox e neutralizza i radicali liberi sia altamente efficiente.
Nonostante queste necessità, il contenuto di glutatione è mediamente basso rispetto ad altri organi1. Un vero e proprio paradosso!
I livelli più alti di glutatione infatti si trovano nel fegato (5-10 mM), a seguire ci sono rene, milza, intestino tenue, cervello, pancreas, polmone, cuore e muscolo2.
Numerosi studi 3-4 hanno confermato l’importanza di questo piccolo complesso proteico per la protezione antiossidante del cervello e che livelli ridotti di glutatione (GSH) sono risultati essere una caratteristica ricorrente nell’invecchiamento e nelle patologie neurodegenerative.
Glutatione e disintossicazione delle cellule del cervello dai ROS
Come abbiamo già detto, una delle proprietà principali del glutatione è proprio quella di neutralizzare i radicali liberi5. In pratica il suo ciclo metabolico svolge una funzione antiossidante diretta, al fine di rendere innocue le cosiddette specie reattive dell’ossigeno (ROS) e dell’azoto (RNS), le principali classi di radicali liberi.
Questa attività è molto delicata nel cervello perché questo organo possiede due caratteristiche principali che lo contraddistinguono da altri organi e lo rendono più sensibile a all’ossidazione:
- Le sue membrane sono ricche di acidi grassi polinsaturi (PUFA) che sono un substrato ideale per il processo di ossidazione;
- Non ha praticamente turn-over cellulare, ovvero le cellule principali del cervello infatti non si duplicano e non si rigenerano, se non in particolari e rare condizioni. Questa caratteristica lo rende particolarmente sensibile al danno provocato dai radicali liberi che alla fine si tramuta in decadimento e morte cellulare.
Un altro aspetto molto interessante, emerso da ricerche scientifiche, è la diversa distribuzione del glutatione nelle varie popolazioni cellulari cerebrali. In particolare sono stati riscontrati livelli più alti di GSH e suoi metaboliti negli astrociti primari rispetto ai neuroni6 e alle cellule endoteliali primarie della barriera ematoencefalica7.
Studi in vitro hanno evidenziato che gli astrociti sono una fonte determinante di GSH per il cervello, nello specifico possono rilasciare fino al 10% del loro glutatione intracellulare per ora,6 sia verso lo spazio extracellulare che verso le cellule endoteliali della BEE (barriera ematoencefalica).
Per compiere questo processo viene sfruttata come trasportatore la proteina di resistenza multi farmaco (MRP1). Questo flusso si verifica sia in condizioni normali sia in caso di lesioni ma in quest’ultimo caso risulta accelerato6.
La popolazione di astrociti e la sua corretta attività risulta quindi determinante per la protezione dei danni da radicali liberi sia a livello neuronale che della BEE6-7.
E ricordiamo che sia l’integrità dei neuroni che quella della barriera emato-encefalica è centrale per evitare la degenerazione cerebrale.
Può essere utile assumere glutatione per il benessere del cervello?
Il glutatione ridotto GSH fu identificato nella sua struttura chimica nel 19298 dal premio Nobel Frederick G. Hopkins e da quel momento è stato sempre più oggetto di studi.
Dagli anni '90, con il continuo approfondimento dei meccanismi di neurodegenerazione indotti dallo stress ossidativo nel sistema nervoso centrale, è stata sempre più associata la diminuzione di GSH nel cervello dei pazienti con malattie neurodegenerative.
Negli ultimi 30 anni quindi, la ricerca di base sul glutatione nel Sistema Nervoso Centrale si è concentrata sempre più su strategie terapeutiche al fine di ridurre la neurodegenerazione e aumentare i livelli di GSH nel cervello per fornire effetti neuroprotettivi.
Allo stato attuale degli studi pare che il glutatione (GSH) difficilmente sia in grado di attraversare integro la barriera ematoencefalica ma che alle cellule del cervello arrivino gli aminoacidi costitutivi (Glicina, Cisteina e Acido glutammico), ottenuti dalla degradazione di GSH nel sangue, e che questi vengano utilizzati per la sintesi di GSH intracellulare9.
Ulteriori approfondimenti potrebbero però condurre ad evidenze sempre nuove poiché la barriera ematoencefalica non ha lo stesso grado di permeabilità in tutte le aree del cervello.
Dunque non è ancora del tutto chiaro se un approccio esogeno possa influire direttamente sul contenuto di GSH nel cervello. Ma è sempre più evidente che sia in condizioni di invecchiamento che in presenza di disturbi neurologici come Alzheimer e Parkinson si verifica un decadimento di GSH cerebrale.
Perciò l’interesse nel rallentare questo processo e sostenere le riserve cerebrali di questo antiossidante è sempre crescente.
Alcune ricerche già concluse mostrano risultati promettenti che necessitano di ulteriori conferme.
Per esempio, uno studio molto recente eseguito su modelli animali10 con indotta condizione di Alzheimer ha rilevato un miglioramento significativo dei deficit comportamentali, incluso il declino cognitivo, comportamenti di tipo depressivo, a seguito della somministrazione orale di GSH. Questo risultato promettente rende molto interessante l’approfondimento futuro in studi clinici sull’uomo per verificare se vi possano essere le stesse potenzialità.
Un’altra indagine11 del 2015 ha evidenziato che a 6 mesi di assunzione per bocca, i livelli medi di GSH sono aumentati del 30-35% negli eritrociti, nel plasma e nei linfociti e dunque che il glutatione esogeno viene assorbito dall’organismo.
A seguito di tutte queste considerazioni, il GSH rimane l’antiossidante più promettente a livello cerebrale perché è selettivamente diminuito nel cervello dei pazienti con queste malattie neurodegenerative. Un suo arricchimento con GSH esogeno sembra essere una strada interessante nel supporto delle funzioni cerebrali anche in presenza di queste problematiche. Ovviamente sono necessari ulteriori studi per verificare quale sia il migliore approccio per l’assunzione.
Integrare glutatione da solo o insieme ad altre sostanze?
Oltre ad avere un ruolo di spicco nel cervello non dimentichiamo che il glutatione è importante per tutto l’organismo.
Per ottimizzare i suoi benefici è preferibile associarlo ad altre sostanze che ne promuovano l’azione e la sintesi a livello del fegato come ad esempio la quercetina12-13 e anche ad elementi lipofili, in modo tale che la sua struttura sia protetta dall’ossidazione e anche da enzimi che potrebbero degradarlo nel tratto digestivo.
Un altro elemento che ben si abbina all’integrazione di glutatione è il Selenio. Questo minerale infatti partecipa a numerosi processi nell’organismo umano tra cui la protezione antiossidante e contribuisce anche alla fisiologia del cervello.
Un recentissimo studio clinico14 pubblicato su The Neurologist ha evidenziato che la somministrazione di selenio in pazienti con ictus ischemico acuto ha dato esiti positivi in termini di recupero dei deficit neurologici, attività enzimatica antiossidante e livelli di marker infiammatori.
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Dott.ssa Miriana Fabbri - Biologa